COMUNICATO STAMPA

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01/01/2012

Il carcere o la cultura?

Sulla contrarietà ai piani carceri basati sull’implemento dell’edilizia penitenziaria avevamo già scritto. Ora, pochi giorni fa il decreto legge n. 211 autorizza la spesa di 57.277.063 di Euro per le esigenze connesse all'adeguamento, potenziamento e alla messa a norma delle infrastrutture penitenziarie. Reperendo i finanziamenti dalla quota destinata dallo Stato all'otto per mille, a scapito della manutenzione dei beni culturali e patrimonio artistico.
È sicuramente necessaria una messa a norma di molti degli istituti sul territorio:fatiscenti, privi di riscaldamento, con tubature a colabrodo, pareti scrostate e coperte di muffa. Ma vediamo dove altro potrebbero essere trovati i fondi necessari. Il patrimonio culturale italiano, pressoché unico al mondo, oltre a rappresentare un valore inestimabile in sé è un importante volano di economia. E, in ogni caso, investire in cultura rappresenta una delle scelte migliori che un Paese può fare, in termini di qualità della vita. Inoltre, ad uscirne con le tasche vuote saranno inoltre importantissimi settori quali la cooperazione internazionale e gli stanziamenti destinati alla lotta alla fame nel mondo. Escludiamo quindi il prelievo alla Cassa delle Ammende, come più volte abbiamo già sostenuto. Allora, dove trovare i fondi?
Prendiamo il capitolo delle spese militari e compariamo le risorse messe a disposizione nei settori citati.
Per le spese militari sono previsti tre miliardi di euro l’anno, per la cooperazione allo sviluppo meno di 100 milioni. Si potrebbero mantenere inalterati gli stanziamenti per la cooperazione solo riducendo le spese militari del 10%. Con il duro taglio annunciato, il governo sceglie di lasciare milioni di persone a un futuro di fame, malattie e povertà: rischiando di autoescludersi, in questo modo, dai tavoli internazionali di lotta a queste emergenze. Questo mentre in Europa la maggior parte dei paesi non ha toccato, alcuni addirittura incrementato, i fondi per la povertà, come Francia e Spagna, esprimendo una visione lungimirante in termini di solidarietà e di vero investimento sulle politiche sociali e quindi di sicurezza, oltre che di attenzione ai rapporti internazionali.
Quindi il Governo potrebbe sospendere l'acquisto dei cacciabombardieri F-35 e riconvertire le somme che vi andrebbero destinate (circa 15 miliardi di euro) in progetti che vadano veramente a beneficio del Paese. Investire nella direzione militare, otre a porre un problema etico e costituzionale, risulta provocatorio nei confronti della gestione ordinaria della giustizia, che quotidianamente deve fare i conti con la carenza di mezzi di trasporto ed approvvigionamenti di benzina. Oltre al finanziamento per i cacciabombardieri, andrebbero depennati i finanziamenti previsti per 4 sommergibili, delle due fregate “Orizzonte”. In questo modo potrebbero essere risparmiati 783 milioni di Euro, da poter investire in welfare, in progetti sociali, in cultura, scuola e formazione, e dare implemento al lavoro. Senza bisogno di pedaggi draconiani ed inutili per la cultura.
E si potrebbe fare molto per il carcere. Si potrebbe ampliare l’accesso agli studi, aumentare le opportunità formative propedeutiche ad una vera istruzione professionale spendibile all’esterno Si potrebbe investire veramente sulla legge Smuraglia, mai realmente sostenuta, che ha costituito il primo serio tentativo di riportare il lavoro in carcere; e contestualmente rifinanziare le cooperative sociali che sono state drasticamente penalizzate e messe in ginocchio: grave errore strategico, in quanto uniche realtà in grado di garantire continuità nell’inserimento lavorativo. Andrebbe poi previsto e messo a sistema un coinvolgimento delle aziende di inserimento lavorativo dei detenuti attraverso un percorso organico e non più frammentato o legati a fragili contingenze come avviene nella maggior parte delle situazioni.
Si potrebbero costruire luoghi di accoglienza per chi non può beneficiare delle misure alternative perché non ha dove andare, luoghi in cui è possibile impiegare il tempo non con l’ozio forzato della cella ma in cui si trascorre un tempo vivo, utile, investendo su risposte che privilegiano inclusione sociale e territorio, incoraggiando forme di sperimentazione che si fondano su questi presupposti ed obiettivi, associando alla risposta tecnica e pratica un sistema di relazioni di supporto.
L’insieme di queste azioni può portare nel tempo ad una costante diminuzione del tasso di recidiva e sul relativo impatto sociale ed economico. Se, come dicono le ricerche, si ritiene che la detenzione in carcere di coloro che avrebbero i requisiti per accedere a misure alternative determini un innalzamento della recidiva, implementare l’accesso alle misure alternative dovrebbe portare a una riduzione del tasso di recidiva complessivo. Il risparmio derivato dai costi della recidiva potrebbe a sua volta incrementare le risorse a disposizione delle politiche per l’inclusione sociale, calcolando che “La diminuzione di un solo punto percentuale della recidiva corrisponde a un risparmio per la collettività di circa 51 milioni di euro all’anno” (Relazione parlamentare sul lavoro in carcere, 2001).
Oggi, 1° gennaio 2012, è la quarantacinquesima giornata della Pace. L’auspicio è che la manovra economica abbia la lungimiranza di guardare al di là dei pregiudizi, delle idee troppo facilmente sbandierate su cosa è sicurezza e su cosa non lo è. Che comprenda che è attraverso percorsi di giustizia sociale che si costruiscono la stabilità e la pace. Che possa andare all’essenza delle cose, assumendo decisioni coraggiose, partecipe di un progetto in cui le persone ristrette ridivengano finalmente persone, non più solo numeri che scontano una pena così lontana del dettato costituzionale.

Elisabetta Laganà
Presidente CNVG
Garante dei Diritti dei detenuti del Comune di Bologna
 

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